destionegiorno
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Sono orso e socievole, allegro ed ombroso, romantico e cinico. Nella vita non si ama una volta sola ed ho una speciale vocazione per l’amore platonico. Cerco ancora la donna del sogno ma l’aspetto senza uscire di casa. Inizialmente, scrivevo solo per amore, oggi lo faccio per ammazzare il tempo, ... (continua)
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Era bionda, profumata,
la linea sua morbida e perfetta.
L’attrassi a me
cingendole la vita,
poi accesi il suo ardor
tenendo quella cosa
fra le labbra
stretta stretta
e con voluttà
l’aroma suo
inalai
in tutta fretta.
Il nome suo era... leggi...
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Estimator del suo riflesso
nel rimirar la sua figura
di parca cosa s'era concesso
Destino fu di gran iattura
ad amar solo se stesso
Ed Eco stanca di rinviar voce
tra boschi ascosa e ninfe
pianse per suo dolor atroce
di quell'amor che la respinse... leggi...
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In quale limbo s'è cacciata l'anima mia perversa?
Vaneggia la mente col cuore in tempesta
in uno stridor di porte che si chiudono per sempre.
Placido il sonno, turpe il risveglio...
e tu sei lì coi tuoi pensieri fino al morir del... leggi...
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Ali di farfalla,
alito di vento,
soffio lieve.
Chiudo gli occhi,
ti vedo,
ti sento,
ti bacio,
e tu diventi neve.... leggi...
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Come alambicco
la mente mia
distilla
pensieri d'amore
che goccia a goccia
colano
lungo un collo di bottiglia
a cui nessuno
accosterà più le labbra... leggi...
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Nel vagheggiar
di un giorno fosco
nei pensieri miei
a prender posto
giunse Colei
che il cuor s'arrese
a tanto clamor
di parti lese
Della mia vita
fu dolce inganno
la dipartita
fu grave danno
Ed or che spiove
e nulla resta
nessune... leggi...
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Compagni di banco,
lui sempre quieto e ben ravviato,
io impertinente,
irriverente e scalmanato.
Suo padre avvocato,
mamma insegnante,
sorella deliziosa e studiosa,
una bella famiglia.
Mio padre ferroviere,
mamma casalinga,
fratello... leggi...
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Non parlarmi di sera che voglio ascoltare
gemiti di sirena impazzita,
sullo scoglio violentato dai flutti.
Occhi di fiamma scrutano l'orizzonte
in cerca di naufrago che non farà ritorno.
Non svelarmi i confini del sogno...
ch'io... leggi...
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Esser soli contro vento,
una lotta senza pari,
mitigare puoi tu tempo
che cancelli tutti i mali
il dolore in me nascosto?
Nella vita non c'è posto
per chi corre in tutta fretta,
la fa sempre da padrone
chi nel mar non fa maretta... leggi...
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Parlare col cuore, mute le labbra,
Amare in silenzio, mentre l'anima si ribella.
Ostentare gaiezza quando più mi manchi,
Lasciare che il tempo lenisca il dolore.
Alzarsi al mattino senza te accanto,
Tornare a casa ed essere soli,... leggi...
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Un bel dì la cicala e la formica
s'incontrarono per avventura
sul ramo d'una quercia antica.
L'una cantava
bella, fresca e riposata,
l'altra sudava
ed era assai incazzata.
Col suo fardello ed il fiato corto
la formica esordì... leggi...
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Carlo Fracassi
| La linea ferroviaria taglia in due la mia città
e nella bella stagione, da un lato alberga
la bolgia magmatica del mare, un cuore
che pulsa all'impazzata giorno e notte
senza un attimo di tregua, dall'altro risiede
la quiete notturna del centro storico.
Durante le sere d'estate, spesso, passeggio
sognante fra quei vicoli stretti e scarsamente
illuminati come ai tempi della mia
prima giovinezza vissuta in città,
quando ebbi l'avventura di fare amicizia
con dei personaggi straordinari, residenti
in un borgo popolare posto s'un crocicchio.
La prima via, è un lungo budello di case a schiera,
senza soluzione di continuità, con finestre e
portoni lillipuziani e non più alte di un cammello;
la seconda, inizia con una chiesetta e termina
con un'osteria, unica gobba naturale,
larga quanto la schiena d'un elefante;
infine, la terza che ad allungar un braccio
dalla finestra tocchi le tette della dirimpettaia.
Lì, al fresco della sera e la luna che rischiara
socchiudo gli occhi ed ancor rivedo quei
personaggi da favola che vivacizzarono
le mie verdi stagioni, vagabonde e spensierate.
Ma or dunque vi voglio raccontare di Luciano
lo zoppo e di Quinto orbato agl'occhi, titolari
di una legatoria ove intrapresi, si fa per dire,
il mio primo lavoro d'apprendista "stregone".
Mentre ricucivamo vecchi libri mi dissero:
"Tu che ci vedi bene e hai le gambe buone,
domani va a Bologna a far spesa per la bottega".
Perché, proprio io? Domandai.
Mi raccontarono che, anni addietro, recatisi a
Milano, presso un punto vendita a due passi dalla
stazione ferroviaria, per comprare materiali
di lavoro introvabili dalle nostre parti, Luciano
scivolò sul selciato fangoso, rovinando a terra
e Quinto, che si teneva stretto al suo braccio
gli cadde sopra di culata sulla gamba fasulla,
come sacco di farina cade; il tutto sotto una
pioggia scrosciante che scendeva a catinelle.
Rialzatisi a fatica, con l'aiuto dei passanti,
Luciano si sfilò dal femore la gamba di legno,
che rompendosi alla giuntura del ginocchio
non lo poteva più sostenere.
Così Luciano, con quel cimelio sottobraccio,
reggendosi su Quinto che gli era avvinghiato
come un serpente sulla liana, entrò in negozio.
Il commesso a vederli così conciati, bagnati fradici,
l'uno arrancando e l'altro con le mani avanti
i muri strisciando, cominciò a chiamare a gran voce
il padrone che stava nel retrobottega;
questi accorse allarmato ma riconosciutili,
proruppe in una fragorosa risata
che al pensiero, ancor da quelle parti echeggia.
Fin qui tutto bene, direte Voi, ma non vi dico quando
i due dovettero ripercorrere quei duecento metri
che separavano il negozio dalla stazione!
Luciano con la mano sinistra portava la gamba,
puntellandosi col braccio destro sulla spalla di Quinto
che a sua volta teneva sottobraccio due grossi
e lunghi tubi di cartone in cui erano contenute
le preziose pergamene per la rilegatura
...ma per fortuna...
nel frattempo, aveva smesso di piovere
e il tempo si rimetteva al bello! |
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«Quando 40 anni dopo vidi il film "Tre uomini e una gamba" non risi così tanto come al racconto dei due amici. I fatti sono risalenti al 1958; Luciano vive ancora (78 anni) e quando c'incontriamo non possiamo fare a meno di ricordare, sia quell'avventura, sia altri fatti esilaranti accaduti a quel tempo, sganasciandoci dalle risate.» |
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